FINITE LE FESTE, INIZIA LA DIETA

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FINITA LA CUCCAGNA
di Luca Bonacini


Ci risiamo. Anche quest’anno dopo le feste natalizie
rieccoci a parlare di condotta parca a tavola. Malgrado ci attanagli la crisi,
abbiamo ecceduto anche questa volta, e mentre occhieggiano dalla dispensa gli
ultimi panettoni, e gli ultimi torroni, ci ritroviamo in castigo, a piangere
sulla forma perduta. Dopo qualche giorno a minestrone e lattuga, promettiamo
che sapremo infliggere alla gola il colpo di grazia, rientrando in un regime
alimentare più sobrio, e aumentando l’attività fisica. Hai fatto il girettino ?
Ci rimprovera l’adorata mogliettina. Ed eccoci a passeggio per il quartiere
come zombi. Fitwalking lo chiamano gli americani, camminata veloce in
italiano, un girtein per i modenesi, bardati
di tutto punto con berretto, sciarpa e guanti, cerchiamo di dimostrare una
convinta determinazione. 
La nebbia incombe e il pasto leggero di mezzogiorno a
base di verdure e niente pane, non aiuta la concentrazione e men che meno la
consapevolezza della prestazione sportiva. Cammino con passo sostenuto per Via
Vercelli, lo stomaco è vuoto ma la mente vola, e non si sofferma alla bellezza
della città piemontese, ma piuttosto alla gustosa Panissa, piatto tipico vercellese
a base di riso, e alle Tome della Valsesia, stagionate nel legno; giro in Via
Torino, capitale sabauda ricca di storia, ma che a me ricorda gli agnolotti con
sugo d’arrosto, e l’aristocratico Bunet; proseguo sulla poco battuta Via
Portofino, patria della Focaccia di Recco, e della Farinata di ceci, che
immagino fumanti uscire dal forno; imbocco la buia Via Taggia e sogno le
pregiate olive Taggiasche, tra le migliori; proseguo per Via Zoagli e mi coglie
il ricordo del Pesto alla Genovese, straordinaria specialità di quelle parti; una
decisa inversione in Via Cuneo ed ecco sventolare il vessillo della Bagna Caoda
e del Fritto misto alla Piemontese; costeggio Via Vignolese in estasi, e la
mente mi porta nel centro di Vignola alla Pasticceria Gollini dove nasce quell’
invenzione geniale chiamata Barozzi; mi immetto in Via Pavia cercando di non
pensare al salame di Varzi, a quello d’oca di Mortara e alle dolci Offelle di
Parona, ma eccomi ormai a casa, l’inconfondibile e ostico odore di cavolo
bollito, mi riporta alla realtà, le feste sono proprio finite.

Pubblicato su Il Resto del Carlino 

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