
Sotto la Ghirlandina si videro i più grandi, da Louis Armstrong, a Gerry Mulligan, da Chet Baker a Gill Evans, da Steve Lacy a Keith Jarrett e Ornette Coleman. Big assoluti del jazz, quel genere musicale, che si generò nei sobborghi di New Orleans e San Francisco agli inizi del ventesimo secolo, coniugando sonorità occidentali e retaggi culturali degli schiavi afroamericani, ispirando innumerevoli correnti musicali. Lo sappiamo grazie alla poderosa ricerca sugli ultimi cento anni di jazz a Modena, portata a termine da Roberto Franchini, con un volume ricco di storie e immagini inedite, scritto nel 2017, che ci dice tutto o quasi sui festival, le rassegne, i concerti, gli incontri, avvenuti tra Secchia e Panaro in oltre un secolo. Tra le tappe salienti, quella del 18 dicembre 1955, quando al Comunale di Modena, Louis Daniel Armstrong, indimenticato interprete di ‘What A Wonderful World’, tenne due concerti. Ebbene si il cantante e compositore afroamericano, detto Satchmo, a cui si riconosce di aver profondamente influenzato la musica americana del Novecento, diventando un vero e proprio ambasciatore delle sonorità popolari afroamericane, guidando il jazz ben oltre i confini del genere, verrà a suonare a Modena. Nato a New Orleans, nel 1901 in una famiglia poverissima, a tredici anni verrà rinchiuso in un riformatorio, dove scoprirà la musica e la tromba, grazie a un secondino, cominciando a suonare nei locali di New Orleans con alcuni gruppi, fino alla definitiva affermazione. Il trombettista, che verrà a mancare a New York nel 1971, diverrà uno straordinario divulgatore della musica americana, ed è considerato tra gli indiscussi geni musicali del 20° secolo, una figura decisiva nell’affermazione stilistica e culturale del jazz, grazie a un percorso da autodidatta, capace di esprimere notevole creatività, personalissime reinvenzioni compositive e grande comunicativa. Non fu l’unica volta, che il celeberrimo trombettista americano si vide nella città della Ghirlandina, verrà anche nel 1968. Dopo una performance al Festival di San Remo, quell’anno condotto da Pippo Baudo, venne invitato da Paul Campani a Modena, per girare alcuni ‘caroselli’ che però non videro mai la luce, prima di proseguire per la città eterna e incontrare il Pontefice. La moglie fa shopping per le vie di Modena e acquista un foulard che indosserà in Vaticano, mentre il musicista partecipa a una session organizzata da Henghel Gualdi al Mocambo, pernottano in albergo, forse al Fini, apprezzano prosciutto e tagliatelle modenesi e a consacrare il momento riceve una piccola riproduzione della Secchia Rapita con inciso: “La città di Modena a Louis Armstrong”, un ricordo della trasferta modenese oggi conservato nel Louis Armstrong Home Museum di New York. Ma dove cenò Armstrong? Il libro degli autografi di un cameriere, attesta inequivocabilmente che nel ’55 il musicista era seduto da Fini, il migliore ristorante modenese dell’epoca. ‘Cento anni di jazz a Modena’ – Artestampa 2017. Un saggio prezioso, da leggere e rileggere.
A cura di Luca Bonacini



