SFIDE A TAVOLA

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Duelli in punta di Forchetta
di Luca Bonacini

Gli
anni sessanta e settanta modenesi verranno ricordati anche per uno spiccato
spirito goliardico. Primeggiare è qualcosa di insito nell’uomo e in quegli anni
trovava modo di esprimersi anche al ristorante, dove non era difficile
imbattersi in un’allegra brigata impegnata in una sfida a tavola. Ogni
ristorante o trattoria degna di nota, era stato protagonista di qualche
competizione gastronomica
, talune volte tra cliente e gestore, ma il più delle
volte tra due o più avventori che decidevano di battersi. Si decideva il luogo
(la trattoria), si sceglievano le armi (il cibo, forchetta, coltello, o a mani
nude) e infine la posta in palio(che quasi sempre consisteva nel pagare o meno
il conto di tutto quel mangiare). Veniva designato un arbitro e in punta di
forchetta si iniziava, i due sfidanti prendevano posizione a tavola, si
sistemavano, e ognuno faceva le sue richieste, bottiglia d’acqua gasata o
naturale, cambio del tovagliolo, l’Eroica di Beethoven come sottofondo…Le
sfide potevano durare anche qualche ora, a seconda del cibo da ingurgitare, tagliatelle,
tortellini, pizza, e anche bomboloni, (memorabile è il record di 36 tortelloni
consumati da un solo avventore, alla Fontanina di Serra), certo si potevano verificare
spiacevoli inconvenienti, determinati da tutta quella quantità di cibo, e
poteva sfuggire agli sfidanti anche qualche rumore non autorizzato, ma si
faceva finta di nulla, e si continuava, tra l’incitamento generale, mentre il
ristorante si trasformava in un vero e proprio ring, con la folla che acclamava
uno o l’altro concorrente, incoraggiandolo alla vittoria o alla resa. Sfide,
scherzi, burle, che qualche volta sconfinavano nel raggiro e nella truffa,
nelle quali il ristoratore poteva divenire parte lesa, come accadde quella
volta che il Conte Fa Fino, celebre per il suo fascino con le donne e per
truffe di piccolo cabotaggio, dopo un lungo soggiorno con amici, in un lussuoso
hotel, inscenò una gara, chi dei due contendenti fosse arrivato per secondo al
cancello, avrebbe pagato il lungo conto. I due manco a dirlo, al via dato dal
gestore con un tovagliolo bianco, sfrecciarono si lungo il vialetto, ma di gran
carriera alla volta dell’uscita, schizzando il più veloce e lontano possibile. Un episodio realmente accaduto che ritroveremo nel film “Amici miei”. E qualche volta toccava alle cassiere dei bar: “Guardi che le avevo dato 50.000
lire ?” Brevi attimi di imbarazzo, in cui quell’Arsenio Lupin padano, era lesto
nel fingere sicurezza. Et voilà ecco
consumato un caffè, e incassato il resto di 50.000 lire…
Pubblicato su QN Resto del Carlino – luglio 2015

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