La cucina di campagna di Cantoni

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Fra i ristoratori di Modena che hanno lasciato un segno indelebile, un posto di rilievo va riconosciuto senz’altro alla famiglia Cantoni, cui i modenesi legano mille ricordi felici e ricorrenze gaie festeggiate a tavola, in quasi un secolo di storia. Locali di ieri, e di oggi che nell’immaginario punteggiano la città, come il ristorante Cantoni al Ponte della Pradella; l’Impero, nella piazza omonima, oggi piazza Matteotti, distrutto da una bomba durante la Seconda Guerra mondiale e traslato in via Torre, dove venne arrestato il celeberrimo “Mitraglia”, ma forse il locale più significativo rimane il ristorante Oreste in piazza Roma, sosta preferita da Enzo Ferrari e Adolfo Orsi, patron della Maserati, (ma guai se si incontravano), dove si davano appuntamento re, regine, famosi piloti, scrittori, artisti, attori, da Salvatore Quasimodo, a Vittorio Gassman, da Nabokov a Mario Schifano, in quel luogo simbolo della modenesità rimasto fermo agli anni ’50, con gli stessi lampadari di Venini, le medesime sedie di Giò Ponti, il travertino e il tek siamese, tutt’ora aperto grazie all’onnipresente Walter figlio di Guerrino. Una vocazione al ricevere, che coinvolse anche Giovanni Cantoni, (figlio di Guerrino), il quale, dopo le aperture della birreria Antica Masone e dell’Osteria Santa Chiara, decise di occuparsi del piccolo podere di famiglia, e di aprire nel 1986 “il primo agriturismo modenese”. Un luogo immerso nella natura, nella prima campagna a Est di Modena, dove poter coltivare con metodi naturali ortaggi e frutta, per farne ingredienti della sua cucina, senza attingere altrove. Anni di successi, poi nel 2004 è subentrato il figlio Federico a prendere il testimone dell’agriturismo, continuando nella medesima filosofia chilometro zero, perseguendo una cucina della tradizione a base di prodotti coltivati in proprio e carni scelte presso piccoli allevatori di fiducia. Si cena in una vecchia stalla con il soffitto a volti in pietra vista con il camino, e d’estate c’è il patio pergolato all’esterno, la piscina (che in agosto 2016, ha ospitato i primi campionati di scacchi sott’acqua, riservati ai ragazzi under 16), e il rigoglioso giardino, si va per la tranquillità del luogo, per la qualità dei prodotti, e la cucina vera, a base di piatti di ieri eseguiti con rispetto, come la minestra di fagioli del cuoco degli Estensi, tradotta dall’italiano volgare del testo di Bartolomeo Scappi; i tortellini in brodo di cappone; i tortelloni burro e salvia; il gnocco fritto con salame casareccio; il filetto in crosta di pancetta al pepe verde; la faraona al cartoccio; il roastbeef di manzo.

di Luca Bonacini

Foto Gino Esposito

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