Il momento del tartufo bianco secondo Luigi Dattilo

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LUIGI DATTILO

Quel pranzo nell’aprile del 1901 organizzato nella redazione del Resto del Carlino di Bologna per celebrare la canzone del Vate in onore di Garibaldi, che aveva anche lo scopo di pacificare D’Annunzio e Carducci, passerà alla storia per un affabile siparietto fra i due. Gabriele D’Annunzio che da buon esteta si professava astemio, fece un brindisi con sola acqua, punzecchiando Carducci, il quale rispose alzando un calice di Lambrusco: “se voi bevete solo acqua, io come potete vedere, bevo solo vino”. Tuttavia quell’evento sarà ricordato anche per una fenomenale ‘cotoletta alla Bolognese con tartufi’ ritenuta dagli astanti straordinaria, che svettava su un menu tipicamente emiliano. Re tartufo, generosamente aggiunto prima di servire, nobilita l’opulenza della cotoletta, che sarebbe già buona così ma nella versione ‘alla petroniana’ con prosciutto crudo e Parmigiano, qualche nostro illuminato avo, ha saputo rendere ancora più succulenta e sostanziosa. Un piatto dove il tartufo regna sovrano, che a distanza di 121 anni, in barba alle lillipuziane grammature della cucina moderna è anch’ora estremamente contemporaneo e insieme al gran fritto misto, al gran bollito e alla galantina di cappone rappresenta uno dei quattro moschettieri della cucina bolognese dei secondi. Tartufo, soave ingrediente della cucina italiana, che in questi giorni, torna prepotentemente sul palco, con la raccolta stagionale del Tuber magnatum Pico, eccelsa e ricercata varietà di tartufo bianco. Se parliamo di tartufo è Luigi Dattilo che dobbiamo interpellare, è uno dei più importanti esperti nazionali di funghi e tartufi, nonché AD della società Appennino Food Group spa, azienda tutta italiana di prima generazione, costituita a Savigno nel 1985 nel cuore della collina bolognese, tra i luoghi del tartufo più vocati. La sua passione è tale che appena maggiorenne, con i 6 milioni di lire guadagnati lavorando d’estate (allora con 9 milioni si acquistava una Golf GTI), comprò un Lagotto bolognese, tra le razze canine più performanti nella caccia al tartufo, iniziando un’attività che l’avrebbe reso qualche anno dopo tra i leader di settore. E mentre l’autunno dà l’addio all’estate e alcuni di noi si sguinzagliano per i boschi approfittando della stagione migliore per il pregiato tartufo bianco, lo abbiamo incontrato: “E’ un momento molto  interessante per il tartufo, perché il mercato si sta aprendo sempre di più verso questo frutto della natura. La domanda è aumentata, così come si è diversificato l’uso. Il tartufo è passato dall’essere un elemento che accompagna un prodotto, ad essere protagonista del piatto. Non bisogna mai dimenticare che l’impiego del tartufo è un’arte, occorre rispettarlo e usarlo in modo corretto”.  Da millenni è tra gli ingredienti più esclusivi e rari di cui dispone la gastronomia, basti pensare che già nell’Antico Egitto il Faraone Cheope era ghiotto di tartufi cotti nel grasso d’oca; e Apicio, lo consigliava, forse un po’ impropriamente, scottato in padella con olio, ottimo vino, porro e coriandolo; una prelibatezza con cui tutte le corti europee dovranno cimentarsi, dagli Estensi ai Medici, dai Farnese ai Borbone, dai Visconti ai Savoia, dagli Sforza ai Gonzaga; compresi i personaggi più noti e i grandi gourmet di sempre, dal sommo poeta Petrarca che gli dedicherà una ode; a Molière che intitolerà al tartufo una delle sue famose commedie; a Napoleone che ne era un estimatore e lo gusterà durante il Congresso di Vienna del 1815; a Gioachino Rossini che lo prediligeva nella farcitura del fagiano e nella guarnitura dei filetti, tanto che ancora oggi un succulento tournedos porta il suo nome. Il tartufo matura da settembre a dicembre, prevalentemente in Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Molise e con il suo aroma intenso e penetrante è la gemma più preziosa della gastronomia. Si consuma a crudo, facendone sottili lamelle con l’apposito strumento e completa preparazioni che spesso disarmano per l’estrema semplicità, dove può esprimere appieno la sua spiccata personalità, come i tagliolini al burro, il risotto al Parmigiano, le lasagne al ragù, gli gnocchi, i tortellini, i passatelli, la fonduta, le creme, gli arrosti, i crostini, ma anche andando a impreziosire le molteplici preparazioni a base di uova. “L’andamento climatico di questo ultimo anno, caratterizzato da grande siccità – prosegue Luigi Dattilo – ha condizionato la raccolta del tartufo bianco che si prevede essere migliore rispetto lo scorso anno ma non sarà certo un annata particolarmente produttiva come il 2011”. Tuttavia occorre conoscere meglio il tartufo, per valorizzare questo alleato straordinario della cucina contemporanea. Con il progetto ‘Tartufo tutto l’anno’, cominciato due anni fa da Appennino Food Group, si è voluto raccontare più compiutamente le differenti specie del tartufo, che punteggiano i diversi mesi dell’anno: il bianco va da Settembre a Dicembre, così come il tartufo uncinato; tra Novembre e Marzo è la volta del nero pregiato, da Gennaio ad Aprile del bianchetto e da Maggio ad Ottobre del nero estivo. Tante diverse varietà con caratteristiche organolettiche e costi differenti, ma tutte di estrema qualità, da scoprire tenendo sempre presente il mantra che anima Appennino Food Group, i requisiti PCC: Profumo, Consistenza e Colore. Profumo rotondo, grazie alla perfetta maturazione, consistenza equilibrata, colore brillante, elementi imprescindibili perché il tartufo possa essere considerato ‘buono’.

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Appennino Food Group S.p.A., con i suoi 60 dipendenti, lavora circa 40 tonnellate di tartufo l’anno, tutto accuratamente selezionato. La filosofia dell’azienda coniuga la passione e l’esperienza delle persone e l’accurata selezione delle materie prime con l’innovazione e la ricerca. A testimonianza di questo approccio e coerentemente al progetto Tartufo tutto l’anno, nel 2021 Appennino Food Group S.p.A. ha ideato la “Teca Ipogea”, una innovativa soluzione B2B, realizzata con tecnologie avanzate e un nuovissimo sistema di emanazione di umidità che ricrea perfettamente il microhabitat del bosco consentendo così al tartufo di vivere e mantenersi come se fosse in natura, rispettandone al massimo le caratteristiche, la consistenza e l’essenza. Un progetto che permette ai ristoratori, non solo di conservare il tartufo fresco, ma anche di mostrare questo prezioso fungo ipogeo ai propri clienti al pari di un gioiello. Una azienda dove sono impiegati giovani del territorio, ma anche collaboratori che lavorano con i fondatori da oltre 20 anni. Tra le ultime novità, l’ampliamento dello stabilimento di Savigno (Bologna), che passerà dai 1500 mq attuali a 4700 mq e vedrà la nascita di nuovi uffici e nuovi comparti produttivi.

Appennino food

Di Luca Bonacini

www.afoodgroup.it

 

 

 

 

 

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