Largo Garibaldi di ieri, ritrovo di piloti e vip

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Tra i luoghi della città a più alto tasso di modenesità, Largo Garibaldi, merita senz’altro un posto di riguardo. Le ombreggiate vie laterali intitolate ai patrioti modenesi, Anacarsi Nardi, Borrelli, Menotti, ti portano di fronte alla fontana del Graziosi, dedicata a Secchia e Panaro, e se arrivi da fuori città, ecco sullo sfondo la Ghirlandina, che con i suoi 86 metri abbondanti guida i viaggiatori da quasi mille anni. Accanto all’ottocentesco Teatro Storchi, c’è il Palazzo dei Cento Caproni, residenza di Enzo Ferrari, che al pian terreno ospitava il ristorante Tucano, dove si poteva cenare in giardino, incontrando l’attrice Simone Signoret in compagnia del pilota Jean Behrà. Dall’altra parte della via Emilia il mitico Hotel Real Fini, dove alloggiava Reza Phalavi, lo Scia di Persia, in città per ordinare una Maserati spider, equipaggiata con maniglie in oro massiccio. Il più lussuoso hotel della città era l’enclave del pilota Mike Hawthorn, lo si poteva scorgere, inconfondibile nella sua più classica tenuta, giacca su tuta Dunlop bianca, camicia e cravattino blu a pois bianchi, intento a consumare un doppio piatto di tortellini alla panna con una bottiglia di Cherry Brandy e qualche birra. Erano gli anni ’60 e Largo Garibaldi, così vicino alle Scuderie Ferrari e Maserati, era luogo di incontro e transito strategico, per il circo eroico delle corse automobilistiche, e l’universo di vip e gente dello spettacolo che vi ruotava attorno, dandosi appuntamento nel sontuoso salone delle feste dell’hotel modenese. In quegli anni arrivare a Modena aveva un particolare sapore, si potevano incontrare Orsi, Ferrari, i grandi manager e gli sponsor della Formula Uno, e partecipare al Gran Premio di Modena, e cosa non è successo in questa enorme piazza, ci ricorda Lauro Malavolti, testimone oculare, prima come giovane cameriere del ristorante Cantoni, poi titolare del ristorante Lauro: “In quegli anni tutti i grandi arrivavano qua, sperando di incontrare Enzo Ferrari. Il Drake andava a cena da Cantoni, al Tucano e da Oreste, e quando voleva stupire i suoi ospiti, mi mandava a prendere nella cantina di casa, una particolare riserva di Scotch whisky, che una distilleria scozzese gli aveva dedicato, oggi preda ambita dei collezionisti. Era un lavoratore instancabile, una volta ci telefonò di portargli in ufficio alcuni panini e una bottiglia di lambrusco, per una riunione con alcuni dirigenti. Era il giorno di Natale”.

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Pubblicato su QN Resto del Carlino – settembre 2016

 di Luca Bonacini

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